Il pomiglianese Felice Panico dà alle stampe il suo ultimo romanzo sui diversamente abili, “Speciale”

Felice Panico, scrittore, regista e poeta di origini pomiglianese che ora vive a Roma ha dato alle stampe il suo ultimo lavoro: “Speciale”, Porto Seguro Edizioni.

Un romanzo, ma un romanzo inedito per l’autore, in cui si affrontano le tematiche della disabilità , specificatamente della Sindrome di Down, con una narrazione non pietista  né banale, ma vissuta dall’interno, in una famiglia con vece assidua, con le problematiche conseguenti.

Carlo, insegnante di liceo con la passione per il podismo ed Elisabetta, docentye di Conservatorio. Una coppia affiatata sia sensualmente che psicologicamente, nonostante la diversità dei luoghi di provenienza, il sud lui, Trento lei.

Poi la gioia di aspettare un bambino, l’ecografia prima e poi l’amniocentesi. Quest’ultima con un esito che sconvolge entrambi, il figlio sarà affetto da Sindrome di Down. Crolla il mondo addosso ad entrambi, i sogni che avevano investito nel figlio, il domani e tutto ciò che li aspetterà.

Il primo anno passa tranquillo, è uguale a tutti i primi anni dei bambini normali, poi iniziano le complicazioni, il ritardo nel parlare, nel camminare, il farsela a dosso, sino a che la madre, disperata, va via, lasciando un biglietto con un Haiku giapponese

Non ce la faccio

Credevo di farcela

Me ne vado.

Parole che sono come un’ascia su una lastra di ghiaccio, che sgretolano, lei va via e non vuole manco più farsi sentire.

Mano mano, però, Piero cresce, pur senza la mamma. Il padre gli regala delle scarpette da corsa, ancora troppo grandi per essere indossate e, col passare del tempo, comprende che tutti gli stereotipi sui down sono appunto solo stereotipi, miti da sfatare.

Il figlio si interessa alla corsa, stessa passione per Pietro Mennea, di cui porta il nome e delle storiche olimpiadi di Mosca dove, contro ogni limite, nonostante i divieti dello Stato Italiano, gli è concesso di partecipare e vincere,

Alle scuole medie, poi, succede un episodio di bullismo, ma l’atto è stato cmpiuto e non subito da Pietro che, innocentemente, ad un ragazzo che gli aveva rubato la sciarpa della Roma, lo insegue, raggiunge e mette KO.

Al di là dell’evento Carlo pensa, e se mio figlio partecipasse, non dico alle Olimpiadi e nemmanco alle ParaOlimpiadi ma alle Special Olimpies, fondate dalla sorella del Presidente Kennedy, Emice Kennedy Shriver negli anni ’60?

Si trasferiscono, d’uopo, a TYrevignano, ove il suo vecchio amico corridore era ormai sovrappeso e vittima di droga ed alcol, nonché assalito dai creditori.

Ma Carlo gli dà fiducia ed egli accetta, anche perché retribuito, l’incarico, affezionandosi sempre più al bambino.

L’inizio degli allenamenti è difficile, ma Stefano coi suoi modi e Pietro ubbidiente avendolo preso a sua volta in simpatia, svelano tutto il potenziale del ragazzo.

Partecipa alle qualificazioni e vince una Medaglia d’Oro ed una d’Argento.

Nel frattempo Carlo, causa una ferita, conosce la farmacista Giulia e si mettono assieme, dopo tredici anni in cui aveva solo pensato ad Elisabetta.

Stefano inizia, convocato dalla commissione, ad allenare altri bambini con disturbi.

Alla fine, alle olimpiadi, Pietro stravince, non senza difficoltà la Medaglia d’Oro d’Europa, laureandosi campione d’Europa.

Ma la carriera continuerà. 

Un figlio speciale, non uguale agli altri, che però è riuscito a far cambiare vita al coach Stefano, a far conoscere un’altra donna al padre solo ed a raggiungere dei risultati nello sport di cui il padre era patito.

Non uno straccio deforme da buttare via ma un figlio speciale, più degli altri figli.

Giovanni Di Rubba

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