Meloni smaschera Di Maio e mostra il fax sul Mes

Il premier inchioda i Cinque Stelle sul Mes e al Senato mostra un fax con cui Di Maio autorizzava la ratifica delle modifiche al Trattato. “Capisco il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce”

L’impegno a ratificare il Mes è stato preso dal governo Conte “senza che ne avesse il potere” e con “il favore delle tenebre”. Sbugiardamento totale: al Senato, durante la replica sull’informativa in vista del prossimo Consiglio Ue, Giorgia Meloni ha inchiodato i Cinque Stelle alle loro responsabilità. Il premier, accusato dalla sinistra di bloccare l’Europa sul Trattato, ha mostrato un fax firmato dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio che autorizzava l’assenso del governo italiano alla ratifica delle modifiche al Mes.

“Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo”, ha contrattaccato la leader di Fratelli d’Italia dal proprio scranno, impallinando politicamente il presidente pentastellato che guidava quell’esecutivo. “Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce, perché la propaganda si può fare ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla…”, ha affermato Meloni, tornando a bacchettare le opposizioni più di quanto avesse già fatto ieri alla Camera, dove aveva rivendicato la linearità del proprio operato.

“Avete negato che il governo Conte abbia dato alla chetichella l’assenso alla riforma del trattato del Mes. Colleghi, vi ho portato il fax…”, ha detto il premier, mostrando il documento inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio con l’autorizzazione – secondo quanto spiegato – a siglare il Mes. “La signoria vostra è autorizzata a firmare l’accordo recante modifica del trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. Firmato, Luigi Di Maio”, ha letto Meloni sul fax esibito a palazzo Madama. Dunque, l’accusa all’esecutivo pentastellato di aver avallato quell’assenso “il giorno dopo le dimissioni”, quando il governo era in carica “solo per gli affari correnti”, e “senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia”.

Sul patto di stabilità è “una posizione pragmatica quella che stiamo portando avanti. Non avrebbe senso che l’Europa, nel momento in cui deve definire qual è la governance, non tenesse conto di ciò che ha incentivato gli Stati nazionali a fare”, ha ancora affermato il presidente del consiglio.

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