Addio ad Andrea Canevaro, il padre dell’inclusione scolastica in Italia (approfondimento)

Il grande pedagogista, docente e studioso di fama internazionale, è morto all’età di 82 anni. Aveva dedicato la sua vita alla pedagogia speciale, orientando il nostro paese verso la valorizzazione delle persone con disabilità in un’ottica di inclusione.

Pedagogista, studioso di fama internazionale, padre fondatore dell’inclusione scolastica in Italia. È morto a Ravenna, nella mattinata di mercoledì 26 maggio 2022, Andrea Canevaro, professore emerito dell’Università di Bologna. Aveva 82 anni. Genovese di nascita, aveva contribuito fin dagli anni 70 del secolo scorso a diffondere in Italia una cultura pedagogica attenta alle persone con disabilità, in particolare nel campo scolastico. Era nato a Genova nel 1939, aveva scelto Bologna e negli ultimi anni la Romagna come suo luogo di vita. Il suo percorso professionale si era sviluppato subito in ambito pedagogico, con la laurea in lettere e filosofia e una borsa di studio all’Università di Lione dove inizia ad occuparsi di ritardo mentale nell’infanzia: nel 1973 diventa docente di Pedagogia Speciale presso l’ex Facoltà di Magistero nell’Ateneo di Bologna e nel 1980 è professore di prima fascia di Pedagogia speciale.

È ricordato come il padre della pedagogia speciale, l’ambito di ricerca pedagogica che si occupa dell’educazione di persone in condizione di disabilità: il suo pensiero ha cresciuto e plasmato, in numerosi decenni, generazioni di insegnanti. La sottolineatura che la Pedagogia speciale deve in primo luogo rispondere ai bisogni della persona con disabilità in modo specifico e personalizzato è l’elemento centrale del pensiero di Canevaro, per il quale l’obiettivo era quello di valorizzare le persone e la loro unicità, in un’ottica di integrazione e di inclusione sociale. Per Canevaro il compito dell’educatore è quello di trovare i giusti strumenti e contesti per dare spazio alle peculiarità di ciascuno, operando attivamente per il superamento delle barriere, anche psicologiche, che comunemente vengono erette nei confronti di chi è diverso. Nessuna regola generalizzabile dunque, ma spazio all’abilità dell’educatore nel trovare la via migliore per valorizzare la persona e la sua unicità.

Le sue ricerche e i suoi studi hanno costituito una grandissima opera culturale. Testi come “Handicap e scuola. Manuale per l’integrazione scolastica” (Roma, Carocci, 1983) e “Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap” (Milano, Bruno Mondadori, 1999) rappresentano volumi fondamentali che hanno determinato e influenzato la storia dell’inclusione scolastica del nostro paese.

Il Prof. Canevaro diceva sempre  “Abbiamo tutti una diagnosi. Io, per esempio, ho problemi di equilibrio. E stare al cellulare mi causa dolori. Ma non mi fermo. E provo a stare bene”.

Infatti sosteneva che non vale solo per la disabilità: “Un certificato o un’idea troppo fissa di quello che, quel bambino o quella bambina, sarà, sono controproducenti. I più piccoli hanno bisogno, fondamentalmente, di due cose: essere stimati da qualcuno che, possibilmente, apprezza il bello e avere delle basi sicure, quindi allargabili all’esterno. Tutto questo serve ad andare avanti, a vedere in quel bambino un futuro”.

Un esempio? – aggiungeva il professore in un’intervista del 2017 – La sindrome di Down: “Conosco almeno quaranta persone che ce l’hanno. Ma sono diversissime l’una dall’altra. Se pensassi, come lo stereotipo vuole, che quelli con la sindrome di Down sono paffutelli e sempre sorridenti, sbaglierei: ce ne sono altrettanti magri, irritabili e permalosi. La diagnosi è solo un punto di partenza, il resto è tutto da esplorare e da capire. Lo sguardo dev’essere bifocale: guardare il punto in cui sono e l’orizzonte, al tempo stesso. Per chi ha a che fare con chi deve crescere, è fondamentale”.

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