La peste suina africana continua a diffondersi in Italia

C’è un caso tra i cinghiali di Roma, dopo che a gennaio il virus era stato trovato tra Piemonte e Liguria

È stato individuato a Roma un caso di peste suina africana, una malattia molto letale per maiali e cinghiali. Lo ha confermato giovedì Angelo Ferrari, direttore dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, che a marzo il governo aveva nominato commissario straordinario alla peste suina africana. Il caso di Roma riguarda un cinghiale dell’Insugherata, una riserva naturale che si trova nel nord-ovest della capitale, vicino alle zone di Monte Mario, Balduina e Primavalle, che ora potrebbe essere isolata per cercare di contenere la diffusione del virus ed evitare che raggiunga allevamenti di maiali.

La peste suina africana è causata dal virus indicato con la sigla ASFV, un patogeno particolarmente resistente: sopravvive in ambiente esterno fino a 100 giorni, resiste per diversi mesi all’interno di salumi o nella carne congelata, negli animali guariti dalla malattia. Le persone possono contribuire a diffonderlo (soprattutto negli allevamenti, dato che il contagio può avvenire per contatto con qualsiasi oggetto contaminato, abbigliamento compreso), anche se il virus non le fa ammalare: in gergo tecnico si dice che sono un “veicolo di trasmissione”.

Nel 90 per cento dei casi gli animali contagiati muoiono nel giro di dieci giorni a causa di emorragie interne. Negli allevamenti di maiali colpiti dalla peste la soluzione più efficace è l’abbattimento degli esemplari contagiati per limitare la diffusione del virus: non esistono né vaccini né farmaci per curare la malattia.

La peste suina è una infezione molto contagiosa e spesso mortale per cinghiali e suini, che non è però trasmissibile all’uomo. Al momento gli unici a esserne colpiti sono stati gli ungulati, ma se dovesse raggiungere gli allevamenti costituirebbe un notevole problema a livello economico, oltre a rischi per i cittadini. Sono 109 gli animali infetti in Piemonte e Liguria, ai quali vanno adesso aggiunti i numeri del Lazio. Un solo caso confermato può bastare a far scattare l’allarme negli oltre 12mila allevamenti di suini attivi in regione, per un totale di 43mila capi. E Roma di cinghiali ne sa qualcosa, visto che nella sola provincia romana i cinghiali in libertà sarebbero già più di 20mila.

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