Candelora. La Festa ha origini celtiche?

Candelora è il nome con cui è popolarmente nota la  festa della Presentazione di Gesù al Tempio, celebrata dalla Chiesa cattolica il 2 febbraio.

Nella celebrazione liturgica si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”, come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

Nel calendario tridentino la festa era chiamata “Purificazione della Beata Vergine Maria”.

La riforma introdotta dal Concilio Vaticano II ha voluto manifestare più chiaramente la centralità della figura di Cristo.

La festa viene osservata anche dalla Chiesa ortodossa e da diverse chiese protestanti. In molte zone e in diverse confessioni è tradizione comune che i fedeli portino le proprie candele alla chiesa locale per la benedizione.

Oggi è il giorno della Candelora: la festa della Presentazione al Tempio di  Gesù – LiveUnict

Ma la celebrazioni perde nella notte dei tempi, con origini almeno Celtiche.

 I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee nordiche, avevano una cultura simile ai popoli del bacino del Mediterraneo, Arcadica.

I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Come dalle Nostre parti, nella Italia centro meridionale.

Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda ed iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende.

Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in, dove sow fa rima con cow), che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”, fine dell’estate. In Irlanda la festa era nota come Samhein, o La Samon, la festa del Sole, ma il concetto è lo stesso. In realtà a nostro avviso il termine non è gaelico ma ha una origo italioto/sannita, precisamente deriva da Selket, la dea egizia—ricordiamo la presenza egizia in Napoli, dei morti, che in italioto suonava come Serket-hetu, cioè “colei che fa respirare le gole” , o anche dal Sannita Sam-Hapis, la parte femminile della luce, divenuta poi Serapin, che simboleggiava la fertilità “kalathos”-copricapo a forma di cesta, emblema del corpo che desacralizzato a mo’ di Eumenidi, preservava dalle tenebre l’animo-celebrato il Giorno seguente- e lo spirito degli antenati-celebrato due Giorni dopo. Selket era anche poi in commistione con Iside, e le figure furono identificate, rimase la Greca Selkis che poi divenne Selene, ovverosia la Luna. 

 In quel periodo dell’anno i frutti dei campi erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito dell’aria fresca e dei pascoli dei monti e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain, che, inoltre, serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse la benevolenza delle divinità. L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro-ed anche dei Nostri della Campania Felix- concezione del tempo, visto come una ellisse suddiviso in otto cicli, tracciati sulla ellisse con una croce ed una X, l’ellisse e gli otto punti su di essa ‘sì tracciati simboleggiavano l’infinito e l’istantaneità del tempo: il termine di ogni ciclo era considerato molto importante e carico di magia, in particolar guisa ogni punto ra considerato l’apertura di una delle nove porte. Insieme a Samhain (31 ottobre, appunto) si festeggiavano Lughnasadh (1 agosto), Beltane (30 aprile o 1 maggio), Imbolc (1-2 febbraio), Yule (21 dicembre), Ostara (21 marzo), Litha (21 giugno) e Mabon (21 settembre)”.

Come i Celti Celebravano il Passare del Tempo: Le Festività - SaggiaSibilla

Visto quanto supra rilevato passiamo Ma veniamo alla Imbloc, festeggiata nela Candelora.

Centrale è la Luce e la divinità Brigith, quindi la luce ed una donna che si presenta al Tempio, innanzi alle Sacerdotesse, si festeggia l’1 febbraio e corrisponde alla fase dell’anno in cui la luce manifestata con il solstizio d’inverno inizia a essere percepita in modo più chiaro.

Il significato della parola non è certo: in irlandese Imbolc significa “in grembo”, facendo riferimento alla gravidanza delle pecore, quindi agli agnelli in arrivo.

Ma più probabilmente o assieme a ciò la stessa espressione starebbe a indicare il risveglio della Natura nel grembo della Madre Terra.

La variante “Oimelc” indica l’opposto, la conservazione di latte e formaggio che iniziava, in quel periodo a scarseggiare.

Ma proprio nel momento di massima disperazione e sconforto, la luce inizia a rischiarare il cammino.

Ed ecco che Imbolc festeggia proprio questo ritorno a lungo atteso, celebrandolo con fuochi simbolici, il cui scopo è richiamare la primavera.

Non a caso la festa viene tutt’oggi celebrata con accensione di candele e lumini. Guarda caso accade lo stesso nella Candelora, festa delle luci di origine cristiana che affonda chiaramente le sue radici in questa celebrazione celtica. La somiglianza si riscontra persino nel nome della Dea onorata: Brigith per i Celti, Santa Brigida per i Cristiani.

Tenendo conto, preliminarmente, che la festa intermezza, quella di Yule, che coincide con il Nostro Natale, con l’Incarnazione del Verbo, e cade nel medesimo periodo, ha non poche assonanze con l’incarnazione divina, in tutte le culture, al di là del Sol Invictus Zoroastriano, per i celti il Re Oscuro, o vecchio sole morente, si trasformava nel Sole Bambino, tramite la rinascita dalla Dea, la Madre Terra. I celti consideravano il  Re Sole Oscuro come un sole-ombra, mentre il vero Sole, quello Bambino, era prigioniero di Arawan, re del mondo-di-sotto, che sarebbe rinato dal grembo di Ceridwen, la dea-strega dell’inverno. Gli antichi Greci rendevano omaggio al Dio Kronos per assisterlo nella battaglia contro Zeus e i titani, come i Romani, con i Saturnalia, al corrispondente Dio Saturno.

La festa rituale dell’Imbolc, si celebra con luci e canti e danze, festeggiamenti e motti di gioia, non può non ricordarci la “juta” dei femminielli.

In occasione della Candelora, infatti, in Campania si celebra la juta , un pellegrinaggio sospeso tra religiosità e paganesimo che si rinnova da più di otto secoli.

La tradizione affonda le sue radici nella seconda metà del tredicesimo secolo, precisamente al 1256.

Secondo la leggenda, a causa di uno scandalo due amanti omosessuali (femminili) furono banditi dal loro paese, legati a un albero sulla montagna e condannati a morire di stenti. La Madonna Bruna ebbe pietà di loro e li salvò scaldandoli con la sua luce.

Da allora ogni anno molti fedeli affrontano il freddo e salgono al Santuario della Madonna di Montevergine ul monte Partenio in un lungo pellegrinaggio faticoso.

Una volta arrivati al Santuario comincia la festa in onore della Madonna al suono di tammorre e nacchere, con canti licenziosi e vesti coloratissime.

Chiara anche qui una certa derivazione celta, le due donne che rappresentano la libertà ed al tempo stesso la luce umana e quella divina di Madre Terra e l’intervento della Madonna/Bigith.

Giovanni Di Rubba

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