Le origini di Pomigliano d’Arco raccontate dal professor Crescenzo Aliberti

ne parliamo con:

il professor CRESCENZO ALIBERTI, dottore in Scienze Politiche, docente, esperto di storia e cultura locale, libero ricercatore.

Ha all’attivo una trentina di pubblicazioni soprattutto inerenti la storia pomiglianese.

G: Buongiorno professor Crescenzo Aliberti, io partirei dalla Fondazione di Pomigliano d’Arco, dalle sue origini.

A: Le origini di Pomigliano sono Romane perché risalgono al 195 a.C.

C’è una discussione su questo che è stata definita anni fa grazie agli studi di un gruppo di ricercatori sommesi, in particolare il professor Parisi, in quanto il riferimento fondamentale era Salvatore Cantone, il primo a ricostruire in maniera scientifica moderna le origini.

Cantone faceva riferimento al “De Officis” di Cicerone, ma solo per avere la conferma della data, che in quell’anno fosse venuto un certo Quinto Fabio Labeone, senatore a diramare i conflitti di assegnazione tra Nola e Napoli nel territorio di cui faceva parte, ovvio, anche Pomigliano.

Il testo di Cicerone non asserisce mai la certezza, anche perché nel 195 a C non c’era alcun Quinto Labeone senatore, ma c’era un Quinto Labeone che svolgeva ruoli differenti. Cicerone, infatti, dice sempre sembrerebbe, si afferma.

Quinto Labeone non era un senatore ma un omonimo.

Comunque 15 anni prima o dopo  arrivò in loco la Gens Pomelia.

G: Con che modalità si insediarono nel territorio  e cosa accadde?

A: Trattasi di Famiglia Patrizia Romana, la Gens Pomelia.

Per capirci dobbiamo fare un passo indietro.

Cosa faceva Roma quando conquistava? Ripartiva i territori,  faceva le centuriazioni. Attribuiva i territori o a patrizi Romani o a militi particolarmente valorosi.

I Romani si trovavano qui per una diatriba tra Napoli, Greco-Bizantina, e Nola, baluardo contro i Sanniti, trattasi del territorio che si estende da Saviano a Casalnuovo.

Quando giunse il rappresentante di Roma, intestò lo stesso ai patrizi Romi.

Non solo Pomigliano ma Marigliano, Brusciano, Scisciano e via di seguito.

Tali comuni finiscono in iano.  Ciò perché il nome dato era quello della gens “Pomelia” con l’appartenenza, tramite suffisso, “iano”, vale a dire della gente Pomelia. In buona sostanza suffisso aggiunto al genitivo. Poi volgarizzato in pomiliano.

G: Sul posto c’erano indigeni?

A: Sappiamo che già esisteva Paciano, ove furono trovati cippi di età precristiana da parte di uno studioso tedesco.

G: Quale era la condizione Geomorfologica di Pomigliano d’Arco?

A: La condizione Geomorfologica muta al mutare delle condizioni vulcaniche.

Pomigliano viene  distrutta nel 472 d C  completamente. Mentre l’eruzione del 79, più conosciuta, guarda al mare quella del 472, detta di Pollena, interessa i Paesi dell’hinterland. Nel Comune di Pollena fu rinvenuta anche una Villa Romana, in via Europa, studiata dai Tedeschi. La Villa è stata distrutta dall’eruzione e sepolta a 15 metri.

Pomigliano fu devastata senz’altro.

G: E quando si riprese?

A: Giunsero certamente i Marcomanno che costruirono un unico agglomerato, comprendente anche quelle che sono le attuali Masserie. Ove vi è una lontananza maggiore dal Vesuvio e quindi può essere,  si sia preservato qualcosa.

G: In merito all’Acquedotto Romano?

A: Nel 2003, quando stavano facendo la linea veloce tra la Masseria Calata, Volla, Pomigliano e Casalnuovo di Napoli, si trovarono i Resti dell’acquedotto Romano e fui interpellato personalmente.

Purtuttavia non fu possibile portare i resti e furono ricoperti.

Ciononostante presso il Ministero dei Trasporti ancora non è stata chiusa la pratica e risultano scavi in atto

A: E come mai l’aggiunta d’Arco a Pomigliano? Ha a che fare con l’acquedotto?   

G: L’Acquedotto Claudio ha una rilevanza su Pomigliano, esso tagliava all’altezza della Masseria Prezioso, e c’erano Intus Arcora e Foris Arcora.

Pomigliano si trovava Foris  Arcora.

Il motivo per cui fu aggiunto l’attributo d’Arco in riferimento all’acquedotto è da riscontrare nel fatto che all’epoca esisteva anche Frattaminore che, egualmente, si chiamava Pomigliano.

 G: Per quanto concerne il simbolo pomiglianese

A: Prima c’era il sigillo dell’Universitas”,  sicuramente presente nel 1682, il secondo emblema, noto a tutti, è un ramo con due foglioline a lato ed una mela incisa dorata su fondo rosso e contornata da un ramoscello di Ulivo ed uno di  Palma.

Questo simbolo è stato certificato solo nel 1997 dalla Prefettura di Napoli, grazie alla sollecitazione del medesimo.

G: L’origine del simbolo?

A: Quando Carlo III si recò a Pomigliano, i cittadini donarono1734, come ci riporta anche Paolo Senatore, cronista al seguito del sovrano, in dono della fresca frutta, vale a dire un cesto di mele annurche.

Di qui il simbolo.

G: In merito alle condizioni climatiche

A: Sempre secondo le eruzioni vulcaniche. Però il territorio, sino al Cimitero, come Sant’Anastasia, era ricco di potassio e molto fertile.

Scendendo la zona è paludoso, tanto è vero che tutti i Comuni di confine hanno una via Padula, da palude, questo perché si risentiva della presenza delle stesse.

Nel 1628 Pietro de Toledo fece una bonifica dei Regi Lagni in tre canali, uno dei quali per la raccolta delle acque.

Fatta la bonifica si comincia la coltivazione anche di questi territori.

Possiamo dire che Pomigliano conviveva all’epoca con fenomeni quali eruzioni vulcaniche, straripamenti, pestilenze, un po’ come oggi noi con le notizie circa la pandemia o di cronaca.

G: Ma poiché la zona era paludosa da sempre, già a partire dai primi patrizi Romani insediatisi, quale era la ubicazione?

A: Verosimilmente intorno alla via Appia e nello spazio con via Duchessa d’Aosta/Piazza Mercato.

Questo perché quando nel 1979 fecero la metallizzazione rivelarono la presenza di qualcosa di importante per volume, magari la Villa Romana,  ma senza indagare.

Lì potrebbe esserci i resti.

G: In merito alla fondazione della Chiesa del Carmine.

Risulta un documento intorno al mille in cui si chiede la cessione a Napoli dell’area per realizzare una Chiesa.

A: C’è un atto del 912 che riporta una compravendita e si ricava che ancora nel 912 c’era una giurisdizione Bizantina, una Greca ed una Latina, analizzando estensivamente il documento.

Non vi era né la giurisdizione Longobarda né Bizantina.

Di vendita di Chiese non ne parla.

Interessante notare come tutti i pomiglianesi portavano nomi i cui etimi riguardano la guerra.

Quindi vi erano molti militi longobardi.

La Chiesa di Santa Croce è del 1028 ma nasce come i funghi. Non c’è ricostruzione storica. È un documento isolato e quindi non può ricostruirne la storia almeno sino al 1500.

Giovanni Di Rubba

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