San Felice in Pincis: domani la Festa del Santo Patrono di Pomigliano d’Arco

Domani, 14 gennaio, Pomigliano d’Arco celebrerà il suo Santo Patrono, San Felice in Pincis, anche se nel corso dei secoli diversi Santi hanno accompagnato e protetto Pomigliano, e continuano senz’altro a farlo. San Paolino da Nola, Sant’Antonio abate,  Sant’Afrodite.

S. Felice, sacerdote nolano nacque a Nola nella seconda metà del II secolo dopo Cristo ma era di origine siriana, i genitori erano emigrati in terra nolana, ma la famiglia poteva vantare una certa  nobiltà.

Le notizie della vita del Nostro Santo protettore ci sono pervenute soprattutto attraverso la penna e il cuore di Paolino da Nola che nei suoi Carmi traccia a grandi linee la vita del Santo.

San Paolino da Nola era un abilissimo musico, tra le altre cose inventò le campane per richiamare il popolo dei fedeli in occasione di cerimonie religiose o eventi importanti.

Ma torniamo a Felice. Cristiano subì la persecuzione di Decio. Fu posto in prigione dai nemici della Fede e liberato da un Angelo, come accadde a San Pietro, che lo condusse ad un monte.

La Liberazione di San Pietro; Raffaello

Qui diede soccorso a  Massimo vescovo di Nola, ivi nascosto, e consumato dalla fame e dal freddo.

Animava i suoi concittadini alla pazienza nella grave persecuzione, che per divina permissione, muovevano contro i fedeli i pagani. Ma non con la spada, coll’esempio Suo insegnava loro il modo di farsi strada, per mezzo della sofferenza delle miserie temporali, alle consolazioni eterne.

Perseguitato di nuovo dagl’infedeli, Dio miracolosamente lo liberò dalle loro mani, facendo che passasse in mezzo a loro, e che gli parlassero senza che lo riconoscessero.

Onde pensavano a cercarlo in altra parte, quando, da certi maligni scorto, si salvò fra alcuni dirupi, ove coperto all’improvviso con tele di ragno dalla divina Provvidenza, non fu veduto dai persecutori.

Non si curò di ricuperare i beni levatigli dai nemici della fede, sprezzando ciò che di buona voglia aveva già per amore di Cristo abbandonato.

File:San Felice da Nola.JPG

Cessata definitivamente la persecuzione con la pace di Costantino nel 313, Felice ritorna a Nola, dove, morto il vecchio vescovo Massimo, viene candidato a succedergli.

Egli tuttavia rifiuta a favore del presbitero Quinto, rinuncia anche ai beni che gli erano stati confiscati e trascorse il resto dei suoi giorni nella povertà e nel lavoro. Operando e faticando si mantenne sino alla morte coi frutti d’un suo orticello,  lavorato con le proprie mani.

Morì probabilmente sotto Valeriano, intorno al 258.

l'agricoltura nell'impero romano

Se Sant’Antonio abate, anch’egli monaco eremita ed asceta, veneratissimo  in terra pomilia, rappresenta la parte ludica del lavoro dei campi, il riposo, l’evasione, il festeggiamento propizio, il “Focarone” esorcizzante, il cibo, la sazietà, San Felice in Pincis raffigura in tutto e per tutto il lavoratore nella sua quotidianità.

È l’opposto di Caino agricoltore, ligio al dovere amico strettissimo dell’allora vescovo di Nola Massimiliano, amico di sangue. Come i Santi Sergio e Bacco, di cui si trovava un antichissimo monastero a Napoli e che fu, ironia della sorte, il primo testo che attesta la presenza dei Basiliani a Pomigliano. Essa appare, infatti,  in un documento del 1028, una pergamena nella quale è menzionata l’esistenza già da tempo di detto convento di Santa Croce, un certo Giovanni chiese ed ottenne, infatti, un campo in Pomigliano, col diritto di trattenere la metà del raccolto e l’obbligo di darne l’altra metà ai concedenti, recandola presso il monastero pomiglianese stesso. Detta richiesta e detta concessione fu data dal monastero dei Santi Sergio e Bacco, di Napoli. Si tratta di un antico monastero, non più esistente, posto ad oriente del Castrum Lucullanum.

La biografia paolina di San Felice in Pincis, inoltre, mostra anche un simbolismo biblico di non poco momento; alcuni rilievi già evidenziati.

Il Santo e cantore sottolinea che Felice è originario dell’Oriente, la terra dei Patriarchi e dei Profeti. Che egli si consacra a Cristo rinunciando alla eredità paterna. Che, come già notato, è liberato dal carcere miracolosamente come san Pietro, che compie mille peripezie eraclee senza che  i persecutori riescono a catturarlo. Dio, inoltre, gli fa trovare un grappolo d’uva per rianimare il morente vescovo Massimo, dissetato come Elia per intervento straordinario di Dio.

Per di più San Felice, patrono di Pomigliano d’Arco, rappresenta a tutti gli effetti l’antesignano di un monachesimo non ancora esistente e non vincolato strettamente al cenobio.

Occorre tuttavia sottolineare che questo Santo del II secolo, antichissimo,  è patrono anche di Cimitile, ove vi sono le famose Catacombe, non può non farci pensare ai culti sotterranei ed al monachesimo vissuto in grotte e cunicoli, come quello dei Padri del Deserto. . Cunicoli presenti anche a Pomigliano d’Arco, nella zona della Chiesa del Carmine ed altrove.

Giovanni Di Rubba

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