“Viaggiare in bicicletta è soprattutto un modo di pensare. Di ricordare, di osservare e di ascoltare”

Rubrica a cura di Nicola Manna

Continua del racconto

In bicicletta si torna giovani e si diventa poeti

La bicicletta è la penna che scrive sull’asfalto di Aquilonia e dell’Alta Irpinia:

L’età è avanzata ma il bambino che è in me ha voglia di giocare, di scherzare, la fantasia stimola l’idea di inventare. Ai tanti cammini e vie aggiungo “Il cammino dell’Alta Irpinia”, il mio cammino. Nella mente vengono fissate in maniera indelebile, la testimonianza del passaggio nei luoghi di culto… per la sete, la fame e il riposo. Mi sento un Don Chisciotte moderno con il fido scudiero…ed un drappello di estrosi e simpatici amici.

La base è sempre Aquilonia –Caraunara- Siamo svegli da tempo, la campana della chiesa della Immacolata, ha accompagnato il nostro ritorno alla realtà: sono rintocchi ritmati, programmati da don Angelo, segnano il tempo che inesorabile scorre. Fugace colazione, latte, fette biscottate e caffè per incontrare le sorprese quotidiane di questo cammino segnato sulla mappa della fantasia e dettato dal solito duo Vito ( grande) e Vito ( furbetto). Al gruppo si aggiunge un baldo giovine che sprizza energia da ogni dove: Luca, Aquilonese costretto ad emigrare in Piemonte, sottraendo intelligenza, creatività ed estro a questa terra, destino comune di cotanta gioventù.

Le gambe spingono energicamente, gli occhi spaziano e, dopo la bellissima immagine colorata delle case e dei fiori, il nastro d’asfalto si perde all’orizzonte scomparendo e ricomparendo oltre il dolce declivio delle colline.

Il nostro ambiente si chiama “Mattinata in campagna”. Ma non è esattamente il mattino, quando la natura non si è ancora svegliata e sta aspettando il sole. E’ il nostro mattino.

Il nostro ambiente è quando gli abitanti del villaggio si svegliono presto: galli, galline e pulcini, pecore, vacche e cani. Essi schiamazzino, baccheggiano e chiocciano, creando un’atmosfera della vita campagnola.

Ci vengono incontro le Pale eoliche “Swoosh … swoosh … swoosh”. Com’è vivere a portata di orecchio di un rumore di questo genere, cioè quello prodotto dalla periodica compressione dell’aria indotta dalle pale di una grande turbina eolica? Un fronte NIMBY particolarmente acceso. Ed è qui che Don Qujote si ritiene fortunato quando vede le pale (simile ai mulini) e li scambia per giganti perché: è l’occasione di dimostrare il proprio valore di cavaliere. E’ la ricerca dell’identità e di quella persa, dell’uomo che si è smarrito nella pazzia dell’hidalgo.

Che emozioni, che sensazioni impareggiabili, attimi e momenti in cui mi sento un tutt’uno con il creato, immerso in un fluido magico, lontano da ogni malvagità. Osservo la terra bruna, il grano mietuto, il cielo, i monti laggiù, la strada che si snoda ondeggiando in questo spazio deserto, respiro il profumo della bellezza…

Saliamo dolcemente senza particolare sforzo; la strada è bellissima e offre panorami incantevoli, quel che vedo mi penetra, mi immergo in un intenso sentimento di benessere, un’energia incontenibile spinge. Altri ciclisti volano con le loro super leggere superando i vari dislivelli. Raggiunto Calitri, dove ci aspetta Enrico, si scende, ciò ci rallegra e invita a festeggiare con un brindisi alla gioia

Pochi chilometri, si fa per dire, per immergerci nella pace del territorio agricolo: lasciarsi abbracciare dai suoni della natura. Bisogna anche saper «ascoltare». La natura offre suoni ad ogni ora del giorno e della notte il silenzio può essere rotto dall’attività di qualche animale. In genere il canto di qualche uccello. A volte è un suono melodioso e costituisce un gradevole sottofondo rilassante. Altre volte, come nel caso della cornacchia, può sembrare fastidioso.

Mi parve d’udir nella siepe

la sveglia d’un querulo implume.

Un attimo . . .Intesi… lo strepere cupo del fiume. Scriveva il Pascoli

Il bello di questa terra irpina è il fatto di poterla vivere su due ruote, lasciarsi affascinare e trasportare in luoghi fuori dal tempo come l’altopiano di Sant’Andrea di Conza, oppure immaginarsi di ritornare indietro nel tempo di secoli in borghi come Cairano, che abbiamo deciso di raggiungere. Attraversare tramite bellissime strade sterrate e sentieri paesaggi diversissimi tra loro ma vicini, che mutano tantissimo all’interno della stessa giornata: mini deserti rocciosi e prateria di alta quota, bucoliche vallate, boschi di latifoglie e di pini, immaginarsi di trovarsi sulle alpi centrali e marittime, sul Carso, in Dalmazia o tanti altri luoghi stupendi poi di ritrovarsi e di essere sempre comunque nel Sud Italia. Fascino e bellezza infinta segnata però dai fenomeni naturali che troppo spesso impattano il paesaggio e soprattutto la vita delle persone che qui vi abitano: i terremoti, nel particolare quello del 1930 e del più recente del 1980. Eventi che non possono non far riflettere sulla nostra percezione del tempo in cui siamo immersi, e sulla nostra capacità di reagire a queste estreme difficoltà a cui la vita, purtroppo, a volte ci para innanzi.

A Cairano incontriamo, nell’unico bar/bazar, ‘Ngiulin à la chiazz”. Marquez sicuramente si è ispirato a un personaggio simile per descrivere il colonnello Aureliano Buondìa in “Cent’anni di solitudine” ( ‘Ngiulin mi confesserà di aver superato da poco la novantina e di essere ancora giovine per i cent’anni!) “Il colonnello Aureliano Buendía comprese a malapena che il segreto di una buona vecchiaia non è altro che un patto onesto con la solitudine”. Ci offre un amaro da lui prodotto secondo un’antica e segreta ricetta. Se avessimo accettato quell’invito la strada del ritorno sarebbe diventata una chimera avendo ancora da affrontare il “Formicoso”.

Andava

per la strada

crepitando:

il sole si sgranava

come mais ardete

e era

la terra

calda

un infinito circolo

con cielo in alto

azzurro, disabitato.

Scrive Neruda nell’ “Ode alla bicicletta”

Il legame che unisce il ciclista alla sua bicicletta è, letteralmente, legame d’amore e di riconoscenza, che il tempo non consuma, ma rinforza, se poi la vita li separa, in forma di ricordo o nostalgia.

Il piacere di andare in bicicletta è uno di quei piaceri di una volta che hanno il diritto di ritornare perché insostituibili. Dalla sella della bicicletta vediamo il mondo in modo un po’ diverso, lo cogliamo in un certo senso dall’alto. Muovendoci ad una velocità che ci consente di leggerlo bene, lo gustiamo nei suoi particolari e possiamo soffermarci su dettagli interessanti e suggestivi.

La bicicletta è un modo di accordare la vita con il tempo e lo spazio, è l’andare e lo stare dentro misure ancora umane.

Volare come un uccello: ecco il sogno; correre sulla bicicletta: ecco oggi il piacere. Si torna giovani, si diventa poeti.

Domani altri suoni, altre sensazioni.

……un corpo errante

con l’urgenza

e la luce,

cioè,

con

la

resurrezione

di ciascun giorno. ( Pablo Neruda)

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