Passeggiando in bicicletta

Rubrica a cura di Nicola Manna

Parafrasando, si potrebbe dire: maggio è il più crudele dei mesi, vede fiorire le rose. Ma è anche il mese delle uscite in bici: scorrazzare lungo serpenti ondeggianti di asfalto, lanciarsi in discese ripide e rincorrersi in salite ripide, faticose. Chiamarsi per nome: Feliciano, Rosamaria, Vincenzo ….

Quella non è un’onda, non verrà a travolgerti. Quella che vedi è solo la strada: pietra e sabbia, nera e bianca

Asfalto che si scioglie, paure che si disintegrano. E non ridere, non di te che soffri arranchi spremi le gambe consumi i pedali graffi l’aria che manca nei polmoni.

Continua a salire. E tu, la segui. Sali anche tu ma finirà poi, finalmente potrai voltarti; con gli occhi che sudano le mani che tremano le labbra impastate, la stanchezza che riempie la gola, la sete piena.

Tu, Così umano.

La strada alle spalle, affranta, sfinita, ammutolita.

Soffia solo una leggera aria, Sulla tua pelle, Che accarezza solo chi ama,

Bacia solo chi soffre.

Tu che sei uomo, Continui la tua strada Sui pedali.

Personalmente, ho sempre preferito fiori meno complicati o più decadenti, adoro tulipani e calle dalle linee raffinatamente semplici, o le peonie, gonfie e profumate, dall’aspetto sfatto, anche quando fresche, che però, d’altra parte, pure si definiscono rose antiche, ma la rosa resta pur sempre la rosa.

A Sant Jordi, festa degli innamorati e dei libri, a Barcellona, le donne regalano libri e gli uomini ricambiano con una rosa.

E gli scioperanti, a Lawrence, contea di Essex, vicino a Salem, sfiancati dal lavoro e dalla tubercolosi, chiedevano pane e rose, bellezza e rivoluzione.

Non solo amore e rivolgimento, ma anche ermetismo e qabbaláh, dat rosa mel apibus e il tempo perduto necessario a rendere importante la propria rosa, perché amare è prendersi cura, e la cura è tempo dedicato all’altro.

Sul balcone e nel giardino fioriscono le rose, ed io le osservo crescere e fiorire, come chi sta rubando qualcosa.

Piante acquistate negli anni, nei vivai, o piantate dopo averle recise da altre rose, dai nomi strani che non ricordo, anche se di ciascuna ricordo colore e profumo.

Fiore degli dei, fiore di Venere, sangue di Adone e di Cristo, quella rossa.

Rosa di silenzio che cela e custodisce.

Custodisce anche i baci che a volte le rivolgo, messaggera segreta e muta di amor che vincit omnia.

Pensandoci, ho regalato rose solo a mia moglie.

La mia rosa è la rosa che non colsi, che il tempo, avaro e crudele, fa fiorire quando già è sera.

L’immarcescibile rosa che non canto,

quella che è peso e fragranza,

quella del nero giardino nell’alta notte,

quella di qualsiasi giardino e qualsiasi sera,

la rosa che risorge dalla tenue

cenere per l’arte dell’alchimia,

la rosa dei persiani e di Ariosto,

quella che sempre sta sola,

quella che sempre è la rosa delle rose,

il giovane fiore platonico,

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