In discussione alla Camera importanti novità sul trattamento accessorio del personale delle pubbliche amministrazioni. Ma servirà attendere la conversione in legge del DL 25/2025.
Il 22 aprile 2025 è stato incardinato alla Camera dei Deputati il disegno di legge di conversione del Decreto-Legge 14 marzo 2025, n. 25, contenente disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni. Il provvedimento, entrato in vigore con efficacia provvisoria il 15 marzo scorso, contiene importanti novità per enti locali e dipendenti pubblici, ma non è ancora legge e non consente al momento attivazioni operative.
Durante l’esame parlamentare, sono state svolte audizioni informali con rappresentanti di diverse organizzazioni sindacali e istituzioni, tra cui CGIL, CISL, UIL, UGL, ARAN, Confindustria Accessori Moda, CSE, CONAF, NURSIND, COSMED, Assolavoro, ANCE, l’Associazione allievi della Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA) e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).
L’applicazione di questa deroga è subordinata a specifiche condizioni:
• Equilibrio pluriennale di bilancio: L’ente deve rispettare l’equilibrio pluriennale di bilancio, asseverato dall’organo di revisione.
• Rispetto delle disposizioni normative: L’incremento deve avvenire nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 33, commi 1, 1-bis e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58.
Uno dei passaggi più rilevanti riguarda la possibilità, per regioni, province, città metropolitane e comuni, di incrementare in deroga il Fondo risorse decentrate, superando i vincoli imposti dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017. Il nuovo tetto massimo consentirebbe di destinare al trattamento accessorio un ammontare fino al 48% della spesa sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari del personale non dirigente, a condizione del rispetto dell’equilibrio di bilancio pluriennale come è stato già evidenziato.
A differenza delle risorse destinate agli aumenti contrattuali del triennio 2022-2024, che restano confermate e non vengono toccate dall’emendamento, la misura in esame si propone di rifinanziare la contrattazione integrativa, ampliando le leve disponibili per incentivare il personale.
Ulteriore elemento significativo: gli enti saranno tenuti a indicare nella rilevazione del Conto annuale la maggiore spesa sostenuta per il trattamento accessorio e la misura dell’apporto percentuale raggiunto. In caso di inadempimento, il 25% delle risorse incrementali resterà bloccato fino alla regolarizzazione dei dati.
Finché il Decreto-Legge n. 25/2025 non viene convertito in legge, le disposizioni in esso contenute, comprese quelle che prevedono la deroga all’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017, sono sì provvisoriamente vigenti, ma non sono ancora consolidate e possono subire modifiche o anche decadere.
Di conseguenza, l’ente non è obbligato né autorizzato a modificare i fondi per il salario accessorio in base a una norma che non è ancora definitiva. Il sindacato o la RSU non può formalmente avanzare richieste di incremento dei fondi sulla base di una norma non ancora convertita, poiché mancherebbe il fondamento giuridico certo e applicabile. Eventuali richieste avanzate prima della conversione potrebbero essere considerate premature o inammissibili.